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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), I, 17
 
originale
 
[17] Et ecce in ipso momento ianitor introrumpit exserte clamitans: "Ubi es tu qui alta nocte festinabas et nunc stertis involutus?" Ad haec nescio an casu nostro an illius absono clamore experrectus Socrates exsurgit prior et "Non" inquit "inmerito stabularios hos omnes hospites detestantur. Nam iste curiosus dum inportune irrumpit ? credo studio rapiendi aliquid ? clamore vasto marcidum alioquin me altissimo somno excussit." Emergo laetus atque alacer insperato gaudio perfusus et: "Ecce, ianitor fidelissime, comes [et pater meus] et frater meus, quem nocte ebrius occisum a me calumniabaris", et cum dicto Socraten deosculabar amplexus. At ille, odore alioquin spurcissimi humoris percussus quo me Lamiae illae infecerant, vehementer aspernatur: "Apage te" inquit "fetorem extremae latrinae", et causas coepit huius odoris comiter inquirere. At ego miser adficto ex tempore absurdo ioco in alium sermonem intentionem eius denuo derivo et iniecta dextra: "Quin imus" inquam "et itineris matutini gratiam capimus?" Sumo sarcinulam et pretio mansionis stabulario persoluto capessimus viam.
 
traduzione
 
?In quel mentre irruppe in camera il portinaio, urlando: 'Dove diavolo sei tu che, in piena notte, avevi tanta furia di partire e ora te ne sei tornato a russare fra le coperte?' ?In quel momento, non so se per il mio ruzzolone o per il gran baccano di quell'uomo, Socrate salt? su esclamando: 'Quanta ragione hanno quei viaggiatori che non possono soffrire gli albergatori. Questo rompiballe ti vien dentro magari con l'intenzione di fregare qualcosa, e col suo blaterare mi sveglia, sfinito com'ero, proprio nel sonno migliore.' ?Anch'io balzai in piedi, preso da una gioia insperata: 'Eccolo, bravo portinaio, eccolo qui l'amico mio, il mio fratellino, quello che tu, stanotte, ubriaco fradicio com'eri, andavi insinuando che avevo assassinato.' E, intanto, baciavo e abbracciavo Socrate che per?, protestando, mi respingeva con violenza schifato dal fetore di piscio che quelle streghe mi avevano lasciato addosso: 'Va via' mi diceva 'che puzzi peggio di un fondo di latrina.' ?Poi, scherzandoci su, mi chiese la ragione di quel fetore. Io, poveretto, gli inventai una frottola per sviare il discorso e con una manata sulle spalle: 'Che aspettiamo ad andarcene?' gli dissi 'Perch? non approfittiamo del fresco del mattino?' ?Presi quel po' di roba che avevo, pagai il conto all'albergatore e ci mettemmo in cammino.
 

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